Cordoba e Sevilla, i colori di un inverno andaluso

Esattamente un anno fa partivo per il mio ultimo viaggio all’estero prima della pandemia. Non è stato il mio ultimo viaggio, né sarà l’ultimo viaggio all’estero o l’ultimo viaggio in aereo. E non c’è un ricordo nostalgico di “quello che si poteva fare prima”. Viaggiare mi manca, entrare in contatto con altre lingue, altre culture, altre popolazioni mi manca. Ma ho viaggiato qua in Italia, a casa mia e ho capito che per incontrare “l’altro” non c’è assolutamente bisogno di andare in un’altra nazione, che per sentire di stare andando lontano da casa non c’è bisogno di salire su un aereo. L’anno scorso avevo messo come risoluzione per l’anno a venire più avventura, e posso dire di averla rispettata. Per quest’anno mi pongo come obbiettivo di viaggiare in modo più ecologico, di eliminare il consumismo che si è insinuato anche nei viaggi, di ritrovare il viaggiare lento e libero. Quindi sì, quello di esattamente un anno fa non sarà stato l’ultimo viaggio in aereo, ma spero che non ne seguano molti altri.

Mi trovavo a Cordoba un anno fa, la città della Mezquita, dei colori sabbiosi, di Seneca, del caldo e del salmorejo. Ma soprattutto mi trovavo nella città dalle tante culture. Islamici, romani, spagnoli e arabi. E si vedeva che è una città che ha dovuto difendersi. Tante torri per controllare i confini, tante mura per definirli. Difendersi dallo scontro tra culture. Ma è servito? Alla fine le culture si sono unite, mescolate, giustapposte. E hanno creato un’identità unica, originale, un quadro che altrimenti nessuno avrebbe ritenuto interessante.

È questa identità che mette in moto i viaggiatori: è la bellezza di trovare decorazioni arabeggianti accanto a chiese e palazzi reali, è il fascino delle teerie servite con dolci pieni di miele che somigliano più a quelli della Grecia che alla cucina spagnola, è la suggestione di trovare la statua di Averroè e scoprire che in realtà quello non era il suo vero nome, è il mistero dei portici verdi che si intravedono nei cortili delle case dalle mura bianche. Ma è anche muoversi tra le vie della città e sbucare in una piazzetta vuota dove fermarsi a prendere il sole anche l’inverno, perché siamo in Andalusia e il sole scalda sempre. È anche fermarsi in un bar e prendere una porzione di churros con la cioccolata calda e scoprire che una porzione basta per 3-4 persone, è viaggiare sui treni e scoprire che non sono molto diversi dal regionale per Roma, è andare al cinema e trovare la sala piena per Las Mujercitas, è sedersi in un bar a gustare una fetta di crostata con cabello de angel e ritrovarsi accanto un bambino che si è allontanato dalla sua rumorosa famiglia per venire a osservarti, è partecipare alla festa de Los Reyes Magos e vedersi arrivare addosso manciate di caramelle lanciate dai carri e tornare a casa sull’asfalto tutto appiccicoso di dolciumi.

È per questo che posso parlare di Cordoba, ma di Sevilla, la bellissima e variopinta Sevilla ho tante immagini stupende ma poche parole, perché non sento di conoscerla.

Quando si viaggia si cerca il “tipico”. E quindi si va al centro, il centro storico. Come se solo il passato fosse veramente individualizzante. Le periferie, il presente, tutto uguale. Forse solo il passato ha mantenuto l’identità? Ma i posti in cui non ci sentiamo estranei non riteniamo di conoscerli perché ne conosciamo il passato, ma perché sappiamo muoverci nel loro presente.

Cosa vuol dire quindi viaggiare se non è conoscere un posto? Cosa si conosce? Si impara a guardare l’architettura, ad assaggiare i piatti tipici, a notare le differenze con i luoghi nostrani… ma poi nella più ordinaria delle periferie, sapremmo cosa guardare?

Forse solo la lingua è diversa ovunque anche nel presente, forse è il sentire suoni diversi, parole che non riconosciamo, che impariamo piano piano a comprendere e che poi tentiamo di riusare che fa sentire l’identità anche nel contemporaneo.

Comments

2 risposte a “Cordoba e Sevilla, i colori di un inverno andaluso”

  1. Avatar fravikings
    fravikings

    Mi hanno detto tutti che è una città molto interessante! Non vedo l’ora di andarci.

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    1. Avatar roadsofwords

      Assolutamente! Un’atmosfera da vivere almeno una volta

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